Sfida all’obesità: Psicologia

Prescrivere non basta: la tua forza di volontà va aiutata”.

Tradizionalmente, la cura dell’obesità è stata proposta in modo “prescrittivo”, ossia, il medico o il nutrizionista, nell’autorevolezza del suo ruolo, “prescrive” delle regole alla persona che desidera dimagrire, riferite soprattutto a dieta e attività fisica. Il raggiungimento degli obiettivi è affidato tutto alla sua “forza di volontà” ma spesso questo sistema non funziona.

L’intervento prescrittivo ha il vantaggio di essere relativamente semplice.

Ha anche una buona efficacia nel breve termine, ma è gravato da alto tasso di insuccessi a lungo termine.

Ciò vuol dire che, appena raggiunto l’obiettivo, il paziente riprende più o meno rapidamente le sue vecchie abitudini e recupera il peso perso.

Un insuccesso può scatenare molti sensi di colpa e se il personale sanitario non si pone “a fianco” del paziente obeso, bensì “al di sopra”, la responsabilità dell’insuccesso diventa necessariamente tutta a carico del paziente stesso.

Il fallimento dipende dalla persona obesa, non il metodo, in quanto hanno fatto tutto ciò che dovevano.

Bisogna cambiare metodo: il senso di colpa è espressione di un fallimento personale, che conduce a una perdita di autostima, rendendo così più difficili eventuali ulteriori tentativi.

Il personale sanitario deve cooperare alla consapevolezza degli obiettivi del paziente e dei mezzi per raggiungerli.

Riportiamo un esempio di un approccio differente: O.N.I.C.E. è l’acronimo di Obesità Narrata in Italia verso una Cura Efficace e l’obiettivo del progetto è quello di promuovere, attraverso la metodologia della cura (o medicina) narrativa, una cultura di buone cure sull’obesità.

Ulteriore scopo era quello di valorizzare le testimonianze di professionisti e persone obese al fine di consentire uno scambio alla pari tra “obesi guariti” e “obesi non guariti”.

Lo studio ha avuto una durata di 3 mesi (marzo-maggio 2011) ed ha coinvolto 149 persone obese e 25 professionisti sanitari, che non operassero nel campo dell’obesità. Alle persone obese è stata richiesta la compilazione in maniera anonima di una favola semi strutturata che è stata ospitata sul sito dell’Associazione AmiciObesi.

Attraverso questo strumento è stato indagato il sopraggiungere della malattia (“ingrassare”), il suo concretizzarsi nell’“essere obeso” e infine il viaggio nelle cure che le persone hanno effettuato per tendere alla guarigione.

Al contrario, i professionisti hanno sostenuto delle interviste individuali per conoscere dapprima la loro storia e successivamente il loro rapporto con l’obesità, fino a giungere alle speranze per il futuro.

Le storie dei pazienti e dei professionisti hanno rivelato un mondo molto più complesso di quanto avessimo immaginato, evidenziando che non esiste una sola obesità (una “obesità, punto”, come definita da uno dei professionisti), ma che ogni persona costituisce un caso a sé stante e va affiancata e curata in un modo assolutamente unico ed individuale.

Nelle storie dei pazienti è emerso il sentimento di inadeguatezza che li accompagna nel loro cammino e nelle loro relazioni.

Si è evidenziato anche come queste persone abbiano raggiunto diversi obiettivi importanti (sia in campo affettivo che lavorativo), ma rimanendo sempre inchiodate a terra dal loro stesso peso.

È apparso come la motivazione, che spinge le persone obese a ricercare delle cure per la loro condizione, sia soggetta alle influenze della moda (e si tratti quindi di una motivazione estetica), ma ancora di più alle spinte del proprio corpo (che risulta disabile a causa dell’obesità).

Sono storie di successi, di tentativi, di terapie fallite, di nuovi inizi, ma soprattutto storie di persone, gocce di vita.

Le indicazioni di questo articolo hanno scopo ESCLUSIVAMENTE informativo e non intendono sostituire il parere di figure professionali come medico, nutrizionista o dietista, preparatore atletico. Le informazioni riportate non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto tra professionista della salute e paziente.